Résumé: Italie –Cristian est décédé à 36 ans le 14 décembre 2007, d’un cancer (un liphome de Hodgking) guérissable dans 85% des cas. Anna Maria, la cinquantaine, est morte d’une tumeur au sein le 13 octobre 2006. Le ministère public a requis six ans de réclusion. Le procureur considère que les méthodes alternatives, hors de tout protocole scientifique reconnu, ne freinent pas la progression du mal et accélèrent le décès. « La fièvre ? C’est parfait parce qu’elle élimine la tumeur »aurait dit Rossaro, certifiant que la méthode Hamer démontrait un haut pourcentage de guérison, alors que la chimio ‘brulait’ les patients et étaient le fruit d’un lobby pharmaceutique. Une semaine avant son décès, Anna Maria était encore convaincue de sa guérison.

Deux patients décédés: « six ans pour le médecin »

par Paolo Rossaro

Il Giornale di Vicenza
10/02/2012

Due pazienti morirono «Sei anni al medico»
POJANA M. Le richieste della pubblica accusa al processo che si sta concludendo a Padova
Cristian Trevisan e Anna Maria Tosin di Caldogno seguirono le prescrizioni di Paolo Rossaro, imputato di omicidio colposo

Cristina Genesin PADOVA Per il pubblico ministero Renza Cescon non ci sono dubbi. Il medico Paolo Rossaro è colpevole della morte di Cristian Trevisan e di Anna Maria Tosin, i due pazienti vicentini di Pojana Maggiore e Caldogno che si affidarono a lui per guarire dal cancro. E che, non adeguatamente informati e fiduciosi nel medico con ambulatorio nel Padovano ad Albignasego, respinsero interventi chirurgici seguiti da chemio o radioterapia, accettando percorsi terapeutici alternativi a base di integratori, vitamine e siero di Quiton, un’acqua oceanica. Metodi alternativi applicati al di fuori di qualsiasi protocollo sanitario scientificamente riconosciuto che non frenarono la progressione del male, accelerando il decesso se non impedendo la guarigione. Ecco perché ieri il pm ha chiesto la condanna a 6 anni di carcere del medico 60enne, residente a Polverara, presente in aula accanto ai difensori. È una storia dolorosa, ricostruita a partire dalla scoperta della malattia di Cristian, camionista di Pojana Maggiore, ucciso a 36 anni il 14 dicembre 2007 da un linfoma di Hodgking giudicato guaribile nell’85% dei casi, e di Anna Maria, 50enne di Caldogno, colpita da un tumore al seno che la fa morire il 13 ottobre 2006. Il pm Cescon accusa Rossaro di essersi sempre manifestato contrario a chemio e radioterapie, considerate prodotti tossici per il corpo, individuando in cause psicologiche, come l’autosvalutazione di se stessi, le radici del tumore. Da qui l’applicazione della cosiddetta terapia Hammer, dal nome del medico tedesco Ryke Geer Hammer (padre di Dirk, ucciso da Vittorio Emanuele di Savoia sull’isola di Cavallo in Corsica nel 1978), per il quale le patologie tumorali costituirebbero la reazione dell’organismo a uno choc psicologico. Perciò nessuna chemioterapia, nessun intervento chirurgico. Solo composti di tipo vitaminico e sostegni psicologici. In aula è stata ricordata la sofferta testimonianza di Cristian, che denunciò Rossaro dopo averne seguito le indicazioni terapeutiche per più di due anni e fu interrogato dal pm prima di morire. Quando si rivolse ai medici del San Bortolo di Vicenza era troppo tardi. Nel dicembre 2006 stava sempre peggio: aveva febbre, perdeva peso, non si reggeva in piedi. «La febbre? Meglio, perché aiuta a eliminare il tumore», avrebbe garantito Rossaro insistendo sul fatto che il metodo Hammer aveva un’alta percentuale di guarigione, mentre la chiemio rischiava di “bruciare” il paziente ed era frutto di una lobby fra case farmaceutiche. Anche Tosin, che non voleva ricorrere alla chirurgia, era convinta di guarire con quelle cure. «Pur di fronte all’ingrossamento del seno e al dimagrimento della paziente, il dottor Rossaro non ha prescritto alcun accertamento, salvo nell’estate del 2006 un’ecografia epatica da cui risultavano evidenti metastasi. A fronte di questo allarmante esito, il medico nulla ha fatto o meglio ha persistito nel rassicurare la paziente che la guarigione era in corso, ingannandola e influenzando la sua adesione alle cure prestate» tanto che «nell’ottobre 2006, a una settimana dal decesso, la paziente era convinta di poter guarire». A fine marzo il verdetto

http://www.ilgiornaledivicenza.it/stories/Provincia/332118_due_pazienti_morirono_sei_anni_al_medico/?refresh_ce

il mattino
10/02/2012

Processo Rossaro: il pm Cescon chiede la condanna a 6 anni
Medico accusato di curare il cancro con le vitamine Due malati rassicurati sulla bontà delle terapie «alternative»

di Cristina Genesin

Per il pubblico ministero Renza Cescon non ci sono dubbi. Il dottor Paolo Rossaro è colpevole della morte di Cristian Trevisan e di Anna Maria Tosin, i due pazienti vicentini che si affidarono a lui per guarire dal cancro. E che, non adeguatamente informati e fiduciosi nel medico con ambulatorio ad Albignasego, respinsero interventi chirurgici seguiti da chemio o radioterapia, accettando percorsi terapeutici “alternativi” a base di integratori, vitamine e siero di Quiton, un’acqua oceanica. Metodi alternativi applicati al di fuori di qualsiasi protocollo sanitario scientificamente riconosciuto che non frenarono la progressione del male, accelerando il decesso se non impedendo la guarigione. Ecco perché ieri, di fronte al giudice Domenica Gambardella, il magistrato ha chiesto la condanna a 6 anni di carcere nei confronti del medico 60enne, residente a Polverara, presente in aula accanto ai difensori, gli avvocati Fabio Pinelli e Giovanni Caruso. E lo ha fatto al termine di una lunga requisitoria «con la quale si conclude la mia vita professionale a Padova» ha detto alla vigilia del suo trasferimento (per scelta) alla procura di Palermo. È una storia dolorosa, ricostruita a partire dalla scoperta della malattia di Cristian, camionista di Pojana Maggiore, ucciso a 36 anni il 14 dicembre 2007 da un linfoma di Hodgking giudicato guaribile nell’85% dei casi, e di Anna Maria, cinquantenne di Caldogno, colpita da un cancro al seno che la fa morire il 13 ottobre 2006. Il pm Cescon ha rammentato che il dottor Rossaro si era sempre manifestato contrario a chemio e radioterapie, considerate prodotti tossici per il corpo, individuando in cause psicologiche, come l’autosvalutazione di se stessi, le “radici” del tumore. Da qui l’applicazione della cosiddetta terapia Hammer, dal nome del medico tedesco Ryke Geer Hammer (padre di Dirk, ucciso da Vittorio Emanuele di Savoia sull’isola di Cavallo in Corsica nel 1978), per il quale le patologie tumorali costituirebbero la reazione dell’organismo a uno shock psicologico. Perciò nessuna chemioterapia, nessun intervento chirurgico. Solo composti di tipo vitaminico e sostegni psicologici.

In aula è stata ricordata la sofferta testimonianza di Cristian, che denunciò Rossaro dopo averne seguito le indicazioni terapeutiche per più di due anni e fu interrogato dal pm prima di morire. Nel dicembre 2006 stava sempre peggio: aveva febbre, perdeva peso, non si reggeva in piedi. «La febbre? Meglio, perché aiuta a eliminare il tumore» avrebbe garantito il dottor Rossaro insistendo sul fatto che il metodo Hammer aveva un’alta percentuale di guarigione, mentre la chiemio rischiava di “bruciare” il paziente ed era frutto di una lobby fra case farmaceutiche. Anche Tosin, che non voleva ricorrere alla chirurgia, era convinta di guarire con quelle cure: «Pur di fronte all’ingrossamento del seno e al dimagrimento della paziente, il dottor Rossaro non ha prescritto alcun accertamento, salvo nell’estate del 2006 un’ecografia epatica da cui risultavano evidenti metastasi… A fronte di questo allarmante esito, il medico nulla ha fatto o meglio ha persistito nel rassicurare la paziente che la guarigione era in corso… ingannandola e influenzando la sua adesione alle cure prestate» tanto che «nell’ottobre 2006, a una settimana dal decesso, la paziente era convinta di poter guarire». Secondo la pubblica accusa il punto centrale è che i pazienti non furono pienamente informati «in ordine alle varie opzioni terapeutiche…» e nemmeno «sull’opportunità di effettuare terapie scientificamente validate… o di un eventuale dissenso informato rispetto a esse… Rossaro, con le sue “non cure”, ha indotto i pazienti a non effettuare i necessari accertamenti specialistici, così sottraendoli al contatto con altri medici di strutture pubbliche o private. E ciò perché li ha più volte e reiteratamente rassicurati dell’essere in corso di guarigione… pur non avendo specifiche competenze oncologiche».

Da qui la contestazione di una condotta colposa: «È talmente grave, la colpa, che sfiora i limiti del dolo e quantomeno va ritenuta colpa cosciente». Anche se poi il pm Cescon ha concluso: «Fino all’ultimo solo stata indecisa se si trattasse di un omicidio colposo o di qualcosa in più dal punto di vista penale. Ma in coscienza voglio credere che Rossaro avesse comunque una volontà di curare il paziente e di non fargli del male». Il 19 marzo parola alle parti civili (l’avvocato Claudio Todesco), poi il 22 alla difesa.

http://mattinopadova.gelocal.it/cronaca/2012/02/10/news/processo-rossaro-il-pm-cescon-chiede-la-condanna-a-6-anni-1.3166616